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Breve Storia delle Ricerche in Margiana

Primavera 2003. Il sito di AK9 prima dello scavo.
Primavera 2003. Il sito di AK9 prima dello scavo.

Se si eccettuano gli avventurosi scavi condotti agli inizi del secolo scorso da una missione della Carnegie Institution guidata da Raphael Pumpelly su di un insediamento margiano del I mill.a.C., l'inizio di ricerche archeologiche organiche nella regione del basso Murghab si fa risalire al 1946 con la costituzione della IUTAKE (Archaeological Expedition Complex in South Turkmenistan) nel cui ambito, tra il 1954 e il 1956, maturarono i primi scavi diretti da M.E. Masson nell'area del Delta. Seguí un lungo periodo di silenzio.

I siti margiani dell'età del Bronzo secondo Masimov (1979) e secondo Sarianidi (1990).
I siti margiani dell'età del Bronzo secondo Masimov (1979) e secondo Sarianidi (1990).

Agli inizi degli anni Settanta, le scoperte effettuate nel nord dell'Afghanistan e nel sud dell'Uzbekistan, risvegliarono l'interesse di una nuova generazione di archeologi per il Turkmenistan meridionale. Nel 1972 venne costituita in seno all'Accademia Sovietica delle Scienze la Margiana Archaeological Expedition (MAE) che, lo stesso anno, condusse una esplorazione conoscitiva sugli insediamenti di Auchin-depe e Takhirbai. Due anni dopo anche la Repubblica Socialista del Turkmenistan decise di promuovere in prima persona proprie ricerche archeologiche e organizzó una équipe speciale dell'Istituto di Storia "S. Batyrov" sotto la direzione di Iminjan S. Masimov che, fra il 1975 e il 1976, localizzó un nuovo gruppo di insediamenti dell'Etá del Bronzo di notevole dimensione nel triangolo compreso fra Takir Kelleli, Adji-Kui e Adam-Bassan (MASIMOV e LYAPIN:1977).

Ovvio che queste ricerche suscitassero diversi interrogativi sulla natura e sulla distribuzione degli insediamenti preistorici margiani cui si cercò di rispondere elaborando i dati in possesso e avanzando le prime teorie. Il primo tentativo fu compiuto nel 1981 dallo stesso Masimov che raggruppò i siti in tre categorie in base alla loro estensione: 1) inferiori ai 5 ettari; 2) tra i 5 e i 10 ettari; 3) maggiori di 10 ettari. In tale occasione spiccò come dato isolato il "caso Gonur" la cui superficie eccedeva i 40 ettari secondo una stima di V. Sarianidi riportata da Ph. Kohl (1984: 146) cosa che indusse lo stesso Sarianidi a proporre una gerarchizzazione dei siti. Sul finire degli anni Settanta, V. Sarianidi, utilizzando una carta dei siti redatta da Masimov e le sue osservazioni sulla loro estensione, avanzò inizialmente l'ipotesi che il territorio del Delta fosse spartito tra un certo numero di città-stato delle quali fissò le competenze territoriali in una carta dell'età del Bronzo che, salve poche varianti, propose a più riprese. Secondo questa sua interpretazione le città capoluogo sarebbero state quelle a estensione maggiore mentre i siti con estensione inferiore si dovevano interpretare come insediamenti satelliti nell'ambito di nove polis, ossia Kelleli, Egri-Bogaz, Taip, Adam­-Basan, Adji Kui, Gonur, Auchin, Togolok, Takhirbai.

Ma, considerando la maggior estensione del sito di Gonur, a partire dal 1993 sostenne che fosse la capitale dell'intera regione, sia amministrativa che religiosa, fino a ipotizzare nel 2002 l'esistenza di un regno preistorico margiano, il Regno di Marguş che vede inserito in un sistema orbitale. Al centro pone il sito urbano di Gonur attorno al quale graviterebbero in orbite concentriche di varia estensione altre nove cittadelle inferiori e subordinate, fino a Kelleli che si troverebbe ai margini dell'ultima orbita, compresa tra i 30 e i 40 km di raggio.
Il sistema Gonur-centrico secondo Sarianidi (2005).
Il sistema Gonur-centrico secondo Sarianidi (2005).
Frattanto, a partire dal 1989, era stato avviato il progetto AMMD (Archaeological Map of the Murghab Delta) diretto da A. Gubaev, decano dell'Università di Ashgabat, G. Koshelenko, dell'Accademia delle Scienze di Mosca, e M.Tosi dell'IsMEO, poi IsIAO che, potendo contare sulla collaborazione di I. Masimov, si propose una rivisitazione critica dei siti margiani e una loro rilettura. Alla fine, S. Salvatori, che partecipò attivamente a questo progetto, scrive che, grazie all'applicazione di tecniche d'avanguardia e ai controlli al suolo "... siamo stati messi in grado di correggere e  ridefinire il quadro tracciato sulla scorta delle prime pionieristiche esplorazioni degli anni Cinquanta e Settanta" (SALVATORI 2004: 752). Cosa che non ci sembra universalmente condivisa. Si ha l'impressione che, pur affermando che "... il modello di organizzazione spaziale proposto da Masimov nel 1981 risulta oggi decisamente superato" (ibid) il quadro di fondo non risulti molto diverso da quelli proposti da Masimov e Sarianidi. Va ricordato che in tutte le teorie fin qui elaborate, si enfatizza soprattutto l'estensione dei siti che si considerano direttamente proporzionale alla loro importanza; cosa che deve essere dimostrata anche perché, mentre alcuni siti sono stati ricostruiti su se stessi, altri sono stati invece abbandonati e ricostruiti nelle immediate adiacenze occupando sì una maggior superficie ma in epoche nettamente diverse. Al proposito S. Salvatori osservava giustamente che : "Questa interpretazione è in realtá il risultato di un appiattimento cronologico del sistema insediamentale operato dai primi esploratori dell'area. L'insediamento di Gonur 1, ad esempio, consiste di due formazioni a monticolo, una più grande a Nord, ed una più ridotta a sud. Il monticolo settentrionale è tutto ascrivibile al periodo Namazga V (Bronzo Medio), mentre quello meridionale, fatta eccezione per il livello basale, è ascrivibile al successivo periodo Namazga VI (Bronzo Tardo)" (ibid.). Va inoltre osservato che la presunta identità 'estensione = importanza del sito' è in gran parte frutto di indagini di superficie che si limitano spesso all'osservazione dei soli affioramenti, senza tener conto di un complesso ventaglio di modifica esogena avvenuta nel corso degli ultimi 5000 anni. Prendiamo ad esempio il complesso di Adji Kui. Secondo i rilievi di Masimov ripresi e aggiornati dalla AMMD, AK1 avrebbe una estensione di 3.5 ha e AK9 di 0.98 ha. Ma dopo gli interventi di pulizia, di sondaggio e di scavo che abbiamo condotto, le dimensioni si sono rivelate di gran lunga superiori: AK1 almeno 14 ha, AK9 circa 6.25 ha e la necropoli, compresa tra le due entità, circa 10 ha. Ne deriva che questo insieme copre un'area di almeno 30 ha , valore molto vicino a quello di Altyn-depe, calcolato 26 ha.

Quindi: come è possibile gerarchizzare dei siti esposti per millenni a profonde modifiche esogene basandosi su delle osservazioni di superficie? Sulla scia dell'ipotesi avanzata da Sarianidi sulla gerarchizzazione dei siti margiani, sebbene ad un livello più complesso e sofisticato, sembra tendere anche l'elaborazione dei dati raccolti dalla AMMD che, applicando al caso margiano il modello dei poligoni di Thiessel, dimostrerebbe l'esistenza "...di un sistema insediamentale gerarchicamente organizzato con al centro il grande sito di Gonur Nord attorno al quale si dispongono a raggiera, in un lattice coerente e a distanze modulari i siti di seconda grandezza" (SALVATORI: ib.).

Ma questa non è l'ipotesi di Sarianidi ? Quindi torniamo all'idea di un "regno" margiano con una "capitale", Gonur, attorno alla quale gravitano dei siti satelliti messi in evidenza dal lattice poligonale di Thiessen assunto come strumento di prova decisiva. Vale la pena ricordare che il metodo dei 'poligoni di Thiessen' godette di un certo interesse in archeologia classica negli anni Ottanta quando si intendeva "dimostrare" la gerarchizzazione dei siti distribuiti in un dato territorio, peraltro non definibile nei confini. Ma questo metodo venne presto accantonato. Le ragioni della sua inaccettabilità vengono così puntualizzate da Claudio Cerreti, docente di Geografia politica ed economica all'Università di Roma e coordinatore nazionale del Centro Italiano per gli Studi Storico-geografici:

I poligoni di Thiessen sono stato impiegati in geografia (economica, urbana) e in archeologia qualche decennio fa. Ma, come altri sistemi geometrico-grafici, sono stati progressivamente abbandonati perché non hanno convinto. In realtà, molto semplicemente, sono state abbandonate quasi tutte quelle metodiche che postulano una situazione 'troppo semplice' per poter funzionare. In geometria, la condizione 'troppo semplice' è che lo spazio sia isomorfo: cosa che non riflette la realtà della superficie terrestre dove ciascun punto possiede un 'valore' suo proprio e irripetibile e dove ciascuna superficie, comunque ritagliata, conterrà cose diverse da altre superfici anche equivalenti per dimensione.
Il sistema Gonur-centrico secondo Salvatori (2004) - Lattice poligonale di Thiessen calcolato su Gonur Sud (IsIAO 1998).
Il sistema Gonur-centrico secondo Salvatori (2004) - Lattice poligonale di Thiessen calcolato su Gonur Sud (IsIAO 1998).

Questo tipo di metodica continua ad essere usato come approssimazione, e in quanto tale, e a certe condizioni, ha ancora un senso: semplifica la realtà e consente di fare certi ragionamenti, benché piuttosto 'teorici'. Ma la pretesa di spiegare come funzionano le cose grazie a questi metodi, ormai credo che sia stata del tutto lasciata da parte. Concludendo: un'analisi di questo tipo potrebbe avere un senso preliminare e di raffronto rispetto alla situazione reale che via via è possibile documentare: è un po' come ragionare di valori di densità (media) della popolazione, e poi verificare quanto in certe aree ci si discosta dalla media. Non è cosa del tutto priva di senso, ma bisogna tenere sempre presente che è alquanto 'rarefatta'. Se a tutto questo aggiungiamo che l'intera area margiana finora esaminata topograficamente ai fini archeologici risulta per il 30% coperta da dune (CREMASCHI 1998:19), dobbiamo concludere che, a oltre cinquant'anni dalle prime ricerche, non sia ancora possibile una concordia di vedute sull'Età del Bronzo in Margiana.

La monumentalità architettonica delle cittadelle fortificate, così come proposta, non va esente da dubbi e non tutti accettano un quadro di interrelazioni culturali in cui si considerano predominanti ora le civiltà della Valle dell'Indo, ora quella elamita e trans­elamita, ora quella micenea, ora quella dei nomadi delle steppe asiatiche.

Altri ancora non concordano sulle ipotesi di popolamento della regione che si rifanno o a meccanismi quasi elementari (semplici migrazioni dall'area pedemontana dei Kopet Dagh) o a complessi sistemi ruotanti attorno al tema del protozoroastrismo e alla ancor più complessa questione delle genti proto-ariane. Infine, anche sulla validità della cronologia relativa fin qui adottata, sempre scandita in rapporto alle sequenze Namazga IV-V-VI, non mancherebbero dubbi e perplessità, tant'è che la missione francese diretta da Olivier Lecomte a Ulug-depe sta lavorando proprio alla revisione di questo problema. Come si nota, siamo di fronte a un quadro generale che non ha tratto grandi benefici nemmeno dai più recenti contributi di studio, purtroppo troppo vincolati a dati di superficie. Quindi, come già detto, l'imperativo rimane sempre lo stesso: scavare per capire.

(ibid., p. 30-37)

Fonte: Rossi Osmida, G.: Adji Kui Oasis.Vol.I: La Cittadella delle Statuette. Venice: Il Punto Edizioni 2007.